Il dominio di Bourne by Robert Ludlum & Eric Van Lustbader

Il dominio di Bourne by Robert Ludlum & Eric Van Lustbader

autore:Robert Ludlum & Eric Van Lustbader [Ludlum, Robert & Van Lustbader, Eric]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Rizzoli
pubblicato: 2012-10-30T23:00:00+00:00


Impiegarono sette minuti ad arrivare a casa di Deron, nel quartiere Northeast di Washington, dopo che Elkins ebbe violato tutti i limiti di velocità del distretto. Tyrone, cresciuto in quel ghetto afroamericano, non aveva mai avuto niente a che fare con il codice della strada e non intendeva rispettarlo proprio adesso, in quanto dipendente della CIA. Qualunque poliziotto abbastanza stupido da pensare di fermarlo si beccava in faccia il suo distintivo e arretrava più veloce di un topo di fronte a un gatto.

Tempo addietro Tyrone aveva lavorato per Deron, un bel tipo alto, un fratello di colore. Aveva studiato in Inghilterra e parlava con un accento forbito molto utile con la sua clientela internazionale di mercanti d’arte e relativi traffici di magnifiche copie d’autore. Era lui l’artista che produceva tutti i documenti falsi di Jason Bourne. Ed era a causa dell’amica di Bourne, Soraya Moore, che Tyrone aveva deciso di seguire il consiglio di Deron: lasciare il mondo della criminalità, mettersi a studiare per fare domanda per entrare nella CIA. Non aveva mai lavorato tanto nella sua vita, ma ne aveva tratto parecchie soddisfazioni e, senza dubbio, ne era valsa la pena.

«Cosa cavolo è successo?» chiese Deron mentre aiutava Tyrone ad accompagnare Peter in casa.

«È finito nel tritacarne, ecco cos’è successo.»

Marks sembrava delirare e vaneggiava di telefonate da fare, terribili avvertimenti, tessere di un puzzle.

«Hai idea di cosa stia parlando?» domandò Deron.

Tyrone scosse la testa. «Merda, no. Per tutta la strada ha detto solo di non portarlo in ospedale.»

«Mmm, neppure Jason avrebbe voluto.»

Tyrone aiutò il suo ex datore di lavoro a stendere Peter sul divano.

«Dettagli» disse Deron.

Tyrone gli riferì l’accaduto sull’ambulanza, lo sparo, la fuga e l’aggressione dell’autista. «L’ho portato dritto qui» concluse, tendendogli la Glock recuperata dal canaletto di scolo prima di caricare Peter sulla moto.

«Non l’avrai maneggiata troppo, spero.»

«Il meno possibile» assicurò Tyrone.

Deron annuì soddisfatto. Ripose con cautela la pistola in un sacchetto di plastica e passò a esaminare il corpo martoriato di Peter. «Lo conosci?»

«Sì. È l’amico di Soraya, Peter Marks. Erano colleghi alla Typhon.»

Deron andò a prendere il suo kit di pronto soccorso. Intanto Peter continuava a mormorare: «Chiamare, devo dirgli...».

Tyrone si chinò su di lui. «Chi, Peter? Chi vuoi chiamare?»

Peter si agitò debolmente e borbottò qualcosa di incomprensibile attraverso le labbra tumefatte e imbrattate di sangue.

«Tienilo, altrimenti si farà male» disse Deron.

«Peter, qui, è uscito dalla CIA» continuòTyrone. «Non so cosa ha fatto da allora, ma non sta molto bene, così a vederlo.»

Deron ritornò, si inginocchiò accanto a Marks e aprì la cassettina. «Ragazzo, dovresti curare il tuo modo di esprimerti.»

«Cavolo, dici?»

Deron rise, poi tornò subito serio. «Non importa. Ci penseremo un’altra volta.» Iniettò qualcosa nel braccio di Marks.

«No, no!» gridò Peter, senza riuscire a mettere a fuoco. «Devo chiamare, ho bisogno di dirgli...» Ma poi l’anestetico fece effetto e scivolò nell’incoscienza.

Deron gli aprì la camicia imbrattata di sangue. Aveva il torace costellato di schegge di vetro e di frammenti metallici. «Adesso, Tyrone, aiutami a rimettere in sesto quest’uomo.»



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